San Prospero (Modena), 1954
L’opera d’arte non è l’opera in sé, è il progetto; è ciò che viene prima, i passaggi necessari per farla, il rapporto con le persone, il confronto attivo con le cose. Così potrei riassumere la visione dell’arte, il modo di intendere l’essere artisti, di Adolfo Lugli. È lui stesso infatti ad avere recentemente ammesso di appartenere, dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bologna, “…a quella specie non codificata di artisti che sviluppano la propria poetica evitando accuratamente l’appartenenza a correnti che potrebbero richiudere l’operatività della loro ricerca in una circolarità d’intenti definiti e limitati all’interrogazione dei suoi presupposti”. Un lavoro trentennale, costantemente documentato da cataloghi e pubblicazioni editi in occasione di mostre nazionali, fra le quali la personale alla Galleria Mazzocchi di Parma, a cura di G. Georges Lemaire nel 1991, “Il Nibbio di Leonardo” a Carpi, nel 1996, a cura di Demetrio Papparoni e Maurizio Sciaccaluga, “Ascolta la Pianura”, sempre a Carpi, nel 1999, a cura di Pietro Bellasi e Daniele Londei. .
È il confronto dialettico fra artisti, critici, tecnici e studiosi afferenti a campi diversi, è lo scambio costante d’idee e modalità espressive – dalla pittura alla scultura alle installazioni ambientali, realizzate a loro volta con materiali disparati, dai metalli alle ceramiche, dal video alla fotografia, fino alle ibridazioni con oggetti e tecnologie prodotti da aziende leader in Italia – che per Adolfo rappresentano e prima ancora “fanno” l’opera contemporanea. .
Da questo confronto costante, le importanti esposizioni europee, fra le quali ricordo la recente “Zeitpfad – Il sentiero del tempo”, a cura di Mario Bertoni, Pietro Bellasi e Julia Draganovic a Etterburg, Weimar nel 2001 e al Castello di Pio, a Carpi, l’anno successivo. .
Si fa dunque interprete di un modo di intendere l’arte come processo, come cortocircuito proliferante di segni e significati scaturiti dalla liaison di sistemi culturali e produttivi: da qui anche il frequente confronto che le sue opere instaurano sia con il passato della storia dell’arte, sia con l’industria, ovvero il contraltare dell’arte, intesa come libera creazione priva di regole e di scopi, se non di esprimere se stessa. .
Basti pensare, oltre alle precedenti mostre di Arteinsegna 1 e 2, a Modena e Catania, in collaborazione con AIFIL, alla grande esposizione del 2008 “CHIARImenti, luce arte industria” a Villa Mazzotti, oramai consueta “sede primaverile” della Galleria Colossi: qui, nelle sue quattro opere esposte, la presenza della luce al neon testimonia l’importanza delle aziende produttrici e delle moderne tecnologie nella realizzazione del progetto artistico; d’altra parte, luce e industria confluiscono in un concetto di arte che Lugli intende sia come strumento d’espressione e di comunicazione internazionale sia quale progetto chiamato a stringere insieme l’aspetto produttivo e quello contemplativo. L’arte è infine medium educativo e formativo nei confronti, innanzitutto, proprio degli artisti e dei soggetti coinvolti, poi del pubblico e della società cui l’arte spontaneamente si rivolge. Da questi concetti di base, si comprende il lavoro di Adolfo, spesso realizzato con e all’interno di fabbriche ed industrie, luoghi espositivi d’elezione e di educazione all’estetico, attraverso il tecnico; ma anche nelle città e nelle piazze, spazi pubblici dove l’opera diventa collettiva, arricchendosi del significato e del rapporto con la cittadinanza che la fa propria. Ma anche il concetto di arte come analisi, riflessione e proposta di espressioni artistiche chiamate a confrontarsi ora con il campo dei mass media, ora con la storia – ovvero con il passato delle forme e dei simboli latori di senso e di messaggi, dai menhir alle colonne. . In occasione dell’esposizione “Automobile-Autonobile”, invece, Lugli propone un confronto temporale, e concettuale, legato al tema portante della mostra, unendo una di quelle “macchine inutili” realizzate da Jean Tinguely, simbolo per eccellenza del concetto di macchina letto nell’angolo d’indagine dell’arte, ed una automobile vera e propria, in sosta a Urbino durante la gara della Mille Miglia: uno dei tanti, affascinanti, cortocircuiti di senso che l’opera di Lugli sa, da oramai trent’anni, suggerire e donare.